È una scelta predefinita che possiamo modificare in qualsiasi momento. Il concetto è semplice e può influenzare il futuro dell’innovazione tecnologica. Un articolo di Kevin Kelly.
Una delle invenzioni più sottovalutate dei nostri tempi è il concetto di default. Il termine si è diffuso negli anni sessanta nel mondo dell’informatica e indica un’opzione che si attiva automaticamente in assenza di una scelta volontaria. Per esempio, alcuni programmi impostano di default la data indicando l’anno con due cifre invece di quattro.
Quando all’inizio i computer avevano molti difetti e si bloccavano spesso, il sistema si riavviava con le impostazioni di default. Era una scelta intelligente: se l’utente non decideva di modificarle, quelle impostazioni assicuravano il funzionamento del sistema.
Gli oggetti elettronici e i software erano venduti con le opzioni di default predefinite in modo da rispettare, per esempio, le norme nazionali (il voltaggio standard di un paese), le preferenze che era normale aspettarsi (niente sottotitoli nei film) o per assicurare un miglior funzionamento (controllo antivirus attivato).
Ora queste opzioni automatiche si trovano anche nelle automobili, nelle reti di comunicazione, nei telefoni, nelle carte di credito e in tutto ciò che può essere personalizzato. In pratica, qualsiasi cosa abbia un minimo d’intelligenza artificiale prevede delle opzioni di default.
Ma anche quando si progetta qualcosa partendo dal presupposto che chi la userà è un destrorso si fa una scelta di default. Lo stesso avviene quando la forma di un oggetto è studiata per le mani di un uomo. Le prime automobili, per esempio, erano pensate per essere guidate da un uomo.
Attitudini personali
Ogni progetto tiene conto del profilo dei potenziali acquirenti e dei loro bisogni. Più un progetto è complesso, più bisogna fare delle scelte. Se esaminiamo con attenzione un’infrastruttura tecnologica vedremo che l’insieme di queste scelte determina la progettazione.
L’ottimismo, l’alta considerazione per l’individuo e l’inclinazione al cambiamento tipici degli americani sono tutti elementi che hanno influenzato la progettazione del sistema elettrico, ferroviario, autostradale e scolastico degli Stati Uniti. Queste valutazioni però non sono vere e proprie scelte di default. Un default, infatti, è un’opzione che può essere cambiata in qualsiasi momento. Ma i martelli, le pinze, le forbici progettate per chi usa la mano destra non possono essere trasformati in strumenti per mancini.
Invece nella tecnologia moderna i cambiamenti sono possibili. I sistemi tecnologici più flessibili possono essere riprogrammati e adattati a nuovi usi e a nuovi utenti con estrema facilità. Molte delle decisioni prese in una prima fase possono essere modificate. La tecnologia si adatta alle nostre preferenze e alle attitudini personali.
Decisioni in attesa
Il punto debole delle tecnologie estremamente flessibili, però, è che scegliere può diventare un problema: troppe alternative e poco tempo per decidere.
Più di novanta tipi di mostarda sugli scaffali del supermercato, duemila opzioni per l’assicurazione sanitaria e cinquantamila look diversi con cui potete cambiare l’aspetto del vostro avatar generano indecisione.
La soluzione perfetta è il default, perché ci permette di scegliere cosa scegliere. Per esempio: all’inizio il vostro avatar ha un aspetto comune (ragazzino in jeans), ma in seguito potete personalizzarlo nei minimi dettagli.
Migliaia di variabili possono essere gestite adottando degli automatismi intelligenti che fanno una scelta al posto nostro, ma al tempo stesso ci lasciano la libertà di cambiare tutto quello che vogliamo, quando vogliamo.
La mia libertà non viene limitata, ma distribuita nel tempo. Appena capisco meglio come funziona il meccanismo torno nella pagina delle preferenze e seleziono, scelgo, modifico e così via. Ma fino a quel momento le mie decisioni rimangono nascoste, in obbediente attesa. Nei sistemi ben progettati abbiamo grande libertà, ma siamo incoraggiati a prendere le decisioni al momento giusto e con sufficiente consapevolezza.
I default, quindi, sono uno strumento che tiene sotto controllo la quantità di variabili da gestire. Pensate al martello, all’automobile o alla rete telefonica del 1950: erano strumenti che non potevano essere personalizzati.
I più grandi ingegneri del pianeta hanno impiegato anni per creare oggetti che rispondessero alle esigenze del maggior numero di persone, e quegli oggetti conservano ancora il loro fascino. La relativa “pigrizia” degli oggetti industriali era compensata con idee brillanti realizzate su misura per l’uomo comune.
Probabilmente oggi non personalizziamo il nostro telefono molto più di cinquant’anni fa, ma potremmo farlo. Queste possibilità di scelta sono già previste nei cellulari e nelle reti di comunicazione, ma si materializzano solo quando ne abbiamo bisogno. E non si trovano mai nei progetti troppo rigidi.
Scarpe e microchip
I default sono arrivati con i computer e le reti di comunicazione, ma potrebbero trovarsi anche nei martelli, nelle macchine, nelle scarpe o nelle maniglie. Se renderemo questi oggetti più adattabili, inserendo dei microchip o producendoli con materiali nuovi, il concetto di default entrerà anche a far parte di questi oggetti.
Immaginate il manico di un martello fatto in un materiale morbido in grado di adattarsi a una mano sinistra o a quella di una donna. L’oggetto si modificherà a seconda del sesso, dell’età e dell’ambiente di lavoro di chi lo usa, grazie ai piccoli “neuroni” del martello. E a quel punto anche il martello avrà delle opzioni predefinite.
Ma i default hanno anche un lato scomodo. Alcuni studi psicologici hanno dimostrato che il piccolo sforzo necessario a cambiare un’opzione spinge molte persone a lasciare tutto com’è.
Pochi cambiano una password quando ne ricevono una temporanea. La verità è che gran parte dei default non viene mai modificata. Prendete un congegno qualsiasi e scoprirete che spesso novantotto opzioni su cento sono le stesse predefinite dalla casa di distribuzione.
Devo confessare che anch’io le cambio molto raramente. Uso un Macintosh da venticinque anni e ancora oggi scopro delle preferenze che non conoscevo. Dal punto di vista ingegneristico questa pigrizia è un buon segno, perché significa che il sistema funziona.
Di conseguenza, il privilegio di stabilire quale valore dare a un default è molto importante. Le scelte predefinite non solo semplificano i sistemi complessi, ma permettono anche a chi li progetta di determinare come saranno usati. La sequenza delle opzioni, per esempio, può fare la differenza.
I commercianti lo sanno bene. Le loro vetrine e i loro siti web sono studiati per convincere i clienti a comprare di più. Se spingete un gruppo di studenti affamati a scegliere il dolce prima di qualsiasi altro piatto, la scelta avrà un forte impatto sulle loro abitudini alimentari.
Azione neutrale
Tutti gli elementi di una tecnologia complessa (il linguaggio usato per la programmazione, l’interfaccia e così via) nascondono una moltitudine di scelte: il sistema implica l’anonimato? È pensato per ottimizzare la condivisione o la segretezza? Le sue regole si rinnovano automaticamente? Annullare una scelta è facile?
Cambiando quattro o cinque parametri possiamo immaginare centinaia di contesti molto diversi. Anche due dispositivi tecnologici “identici” (per esempio due reti informatiche realizzate con gli stessi hardware e software) possono produrre delle conseguenze culturali molto diverse alterando i default del sistema.
Pensate ai programmi d’investimento pensionistici: spesso hanno pochi clienti a causa dell’enorme quantità di opzioni tra cui scegliere. L’economista Richard Thaler racconta di alcuni esperimenti in cui l’iscrizione al programma pensionistico era resa automatica con una scelta di default. Il risultato era un aumento del tasso di risparmio degli iscritti, che poi potevano cancellarsi dal programma quando volevano. Cambiare il metodo da “iscrizione volontaria” a “iscrizione automatica” aveva modificato completamente il sistema.
Un risultato simile si ottiene se si rende la donazione degli organi una scelta opt out (adesione automatica e rinuncia volontaria) o opt in (adesione volontaria). Un sistema opt out, infatti, aumenta nettamente il numero di donazioni. Il concetto di default è semplice ma può influenzare il futuro dell’innovazione tecnologica.
Per esempio, un sistema molto complesso su scala nazionale, come la fornitura di corrente alternata a 110 volt, può ottenere un grande supporto da altri sistemi tecnici (come i generatori diesel o le linee d’assemblaggio industriale).
Ma a ogni nodo del sistema elettrico esistono dei default, e con le scelte giuste possono influenzare il sistema, inviando più o meno energia a uno stato o a un altro. Il sistema può essere modificato in vari modi: si potrebbe scegliere di renderlo più semplice da modificare ma meno sicuro, o più difficile da cambiare ma più sicuro. Questi piccoli cambiamenti possono determinare la facilità con cui si espande la rete elettrica o la sua capacità di incorporare fonti di energia alternativa.
La forma di un sistema tecnologico è determinata dalla tecnologia, ma siamo noi a stabilirne le caratteristiche.
I default ci ricordano una verità. Per definizione, funzionano quando noi non facciamo nulla. Ma il non agire non è un’azione neutrale, perché attiva un default. Questo significa che “non scegliere” è comunque una scelta.
Nonostante molti dicano il contrario, la tecnologia non è mai neutrale. Anche quando non scegliete come usarla, sarà lei a scegliere per voi. Un sistema acquisisce una spinta in una determinata direzione proprio grazie a queste tendenze, anche se non sono prodotte da scelte volontarie.
La cosa migliore che possiamo fare è dare la nostra piccolissima spinta nella direzione che vogliamo noi.